Operazione Gladio: l’oscuro segreto della nostra Repubblica
L’Italia è una repubblica fondata sul segreto.
E’ il 31 maggio 1972. Alle 22:35 una telefonata anonima giunge al Centralino del pronto intervento della stazione dei carabinieri di Gorizia. “Senta, vorrei dirle che c’è una macchina con due buchi sul parabrezza sulla strada per Savogna.“ Una voce con accento friulano segnala la presenza di una Fiat 500 con dei buchi di proiettile sul finestrino, abbandonata in località Peteano, piccola frazione nel Comune di Sagrado, in provincia di Gorizia. Alle 23:25 tre auto dei carabinieri arrivano sul posto e trovano la Fiat 500. Dopo aver ispezionato l'interno, i militari decidono di aprire il bagagliaio. Uno di loro sgancia il cofano. Proprio in quell'istante, a causa di un innesco, un ordigno esplode facendo saltare in aria la macchina. Dilaniati dalla deflagrazione, muoiono all'istante tre dei sette carabinieri, mentre altri due rimangono gravemente feriti.
E così parte l'indagine sulla strage di Peteano, la quale come la strage di Alcamo Marina e molti altri dei numerosi massacri degli stessi anni, viene viziata fin dall'inizio da depistaggi e inquinamenti di prove. Vengono infine arrestati sei pregiudicati per reati minori, poi assolti in quanto del tutto estranei alla vicenda.
Dodici anni dopo, nel 1984 il giudice Felice Casson scopre un’incredibile serie di manipolazioni e contraffazioni intorno alle indagini su Peteano e decide di riaprire il caso. Secondo i rapporti di quegli anni su quei fatti, intrapresi dal consulente giudiziario Marco Morin, le bombe utilizzate erano dello stesso tipo solitamente usato dalle Brigate Rosse, l’organizzazione terroristica italiana di estrema sinistra, che propagandava la lotta armata rivoluzionaria comunista.
Come Casson ben sapeva erano però gli anni della guerra fredda, Marco Morin era un membro di Ordine Nuovo (organizzazione di estrema destra) e l’esplosivo usato per far saltare i carabinieri era il C4, il più potente esplosivo disponibile in quel momento. Un esplosivo che era parte dell’arsenale abitualmente utilizzato dalla NATO.
Lo stesso esplosivo fu ritrovato il 24 febbraio del 1972, in un nascondiglio vicino Trieste, insieme ad armi e munizioni. Era uno dei numerosi depositi, più di cento, dell’esercito segreto della NATO in Italia, che prendeva il nome in codice di Gladio, la corta spada romana.
Il colpevole della strage fu trovato poi in Vincenzo Vinciguerra, un membro di Ordine Nuovo, che anni dopo, nel 1992 decise di testimoniare: “Esiste in Italia una forza segreta, parallela alle forze armate, formata da civili e militari, che ha la capacità di organizzare una resistenza all'esercito russo sul suolo italiano. Si tratta di una organizzazione occulta, una super-organizzazione segreta con una rete di comunicazioni, armi ed esplosivi e uomini addestrati a usarli. “Tutte le stragi che hanno insanguinato l’Italia a partire dal 1969 appartengono ad un’unica mente organizzativa” dichiarò Vinciguerra durante un interrogatorio nel 1992.
3 agosto 1990: dodici anni dopo. Il Presidente del Consiglio Giulio Andreotti rivela davanti al Parlamento Italiano l’esistenza di un esercito segreto stay-behind ("stare dietro le linee", operare in maniera occulta) collegato alla NATO e dispiegato nell’Europa occidentale di nome, appunto, Gladio.
Andreotti, però, puntualizzò che, secondo informazioni a lui pervenute dai servizi di sicurezza, l'attività della struttura segreta sarebbe cessata già nel 1972. Il Presidente dell'esecutivo si impegnò poi a consegnare un fascicolo composto da dodici pagine con maggiori dettagli sull’organizzazione alla Commissione.
Ma cosa è esattamente questa organizzazione? Secondo una delle conclusioni riportate nel 1992 dalla Commissione Parlamentare Stragi riguardo ai cosiddetti “gladiatori”, il reato ipotizzato a loro carico è quello di “banda armata operante nel Veneto e nel Friuli-Venezia Giulia, ed avente lo scopo di impedire determinati mutamenti nell'ambito della vita politica italiana, sia ostacolando la formazione di maggioranze elettorali di sinistra, sia preparando un'azione violenta nel caso tale ipotesi si fosse avverata; il tutto in stretto collegamento con una potenza straniera (tramite il servizio collegato CIA) che provvedeva a continui e cospicui finanziamenti e invii di materiale bellico”.
In questo articolo proverò, grazie all’importante lavoro storico realizzato da Daniele Ganser nel libro “Gli eserciti segreti della NATO” a ricostruire la storia nascosta di quello che fu definito dal senatore Massimo Brutti, “il segreto politico-militare più custodito, e più compromettente, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale”.
Terra di mezzo
Quando Andreotti rivela l’esistenza di Gladio è trascorso giusto un anno dalla caduta del muro di Berlino. I primi timidi contatti tra l’est e l’ovest del mondo lasciano intendere la speranza di un futuro diverso, lontano dalla strategia della tensione che per oltre quarant’anni aveva sovrastato lo scacchiere internazionale.
Possiamo affermare infatti, con una certa sfrontata fermezza, che l’anticomunismo degli Stati Uniti ha dominato in Italia la parabola tragica della cosiddetta Prima Repubblica (il periodo politico italiano che va dal 1945, quando nasce effettivamente la Repubblica, e il 1994 quando vengono sciolte le Camere). Uno dei modi in cui la prima potenza mondiale ha condizionato la nostra storia politica prende proprio il nome di Gladio.
Ma facciamo un passo indietro. La Strage di Peteano avveniva in un periodo particolare per la Repubblica Italiana. Sono appena finiti gli anni Sessanta, anni pieni di contraddizioni; da una parte il Belpaese ha conosciuto una stagione di formidabile crescita economica e di sviluppo industriale; sono cambiati abitudini, consumi e stili di vita. Sono cresciute le città e le fabbriche e quella che era un’economia agricola è diventata una potenza economica europea. Eppure questi cambiamenti non riguardano tutti allo stesso modo. Il boom economico ha prodotto nuove spaccature, fratture e disuguaglianze: tra nord e sud, ricchi e poveri, città e campagna.
Sono gli anni delle proteste studentesche di massa contro la violenza in generale e la guerra del Vietnam in particolare. E nei tardi anni Sessanta la battaglia ideologica tra destra e sinistra si è nuovamente riaccesa nell’Europa occidentale. Venivano criticati gli Stati Uniti, la guerra e soprattutto la distribuzione del potere in Italia. Sono, insomma, gli anni della Guerra Fredda tra blocco occidentale e Unione Sovietica.
Nel frattempo, nel contesto di una più ampia guerra tra le due ideologie opposte che scuoteva il mondo, anche l’Italia era scossa dalle sue frange opposte. Infatti, dal 1969 l’estrema sinistra e l’estrema destra italiana iniziarono ad usare la violenza. Le Brigate Rosse italiane, erano fondate da ragazzi, universitari, convinti però che solo la violenza avrebbe cambiato il sistema politico persistente. Le Brigate Rosse si promettevano di colpire solo persone accuratamente selezionate, ritenute “la personificazione di questo Stato corrotto e ingiusto”, a cui non si sentivano di appartenere.
Dall’altro versante c’era la destra. La rete comprendeva numerose organizzazioni fieramente fasciste come Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale e altri gruppi, protetti dai servizi segreti. Il terrore seminato della destra era di altro tipo, consisteva nel diffondere il panico in tutti, con esplosivi disposti fra la gente. L'obiettivo era quello di riversare la colpa sull’estrema sinistra.
1969, quattro bombe esplodono tra Roma e Milano. A Piazza Fontana vengono uccise 17 persone e ferite altre 88, aprendo una ferita nel cuore di Milano che fatica ancora a rimarginarsi. È il primo di una serie dolorosa di attacchi che scuoteranno il paese fino agli anni ’80. Durante la guerra fredda l’Italia si trova proprio lungo la linea di confine tra blocco occidentale e Unione Sovietica. Contesa per la sua posizione strategica al centro del mediterraneo, è il primo paese dell’Europa meridionale a diretto contatto con la Cortina di Ferro, a poca distanza si trova infatti la Jugoslavia.
Le prospettive di un’invasione sovietica e di una disintegrazione del blocco atlantico alimentano così i piani di rafforzamento militare in Europa occidentale. NATO e CIA programmano l’edificazione di reti segrete, spesso paramilitari, che hanno il compito di provvedere all’organizzazione della resistenza nel caso di un’occupazione militare comunista.
Queste operazioni prendono il nome di stay-behind ed erano basate principalmente sui valori dell’anticomunismo e dell’atlantismo. Esse giocarono un ruolo cruciale, quindi, nei tentativi dei singoli Paesi, sia di costruire un apparato di resistenza che potesse combattere un’invasione de facto, sia di evitare in qualsiasi modo la presa del potere da parte dei singoli partiti comunisti. Le operazioni di sabotaggio, di recupero di informazioni, di propaganda, ma anche attività militari e infiltrazioni politiche rappresentano i modi e i metodi utilizzati dagli agenti facenti parte di questi gruppi e abilmente selezionati, in quanto ritenuti affini ai principi delle organizzazioni e affidabili.
Nonostante permanga ancora un alone di mistero che avvolge le operazioni stay-behind, si è certi della loro presenza in molti paesi facenti parte di quello che veniva chiamato il blocco occidentale, ma anche in paesi formalmente neutrali come l’Austria, la Svizzera, la Svezia e la Finlandia.
Lo Stivale in particolare, sebbene fosse sotto l’influenza degli USA, in quegli anni ospitava il più grande partito comunista dell’Europa occidentale, alimentato dalla grande popolarità che i partigiani avevano riscosso con la lotta al regime fascista, così come il più moderato Partito Socialista Italiano (PSI). Il Partito Comunista Italiano (PCI) era inoltre un partito che per molti decenni aveva ricevuto finanziamenti sottobanco dall’Unione Sovietica (secondo alcuni 50 milioni di dollari).
Gli Stati Uniti, tramite la CIA, fecero di tutto per limitare ulteriormente la popolarità dei partiti di sinistra e oltre ad avvalersi del Piano Marshall (in base al quale all’Italia furono destinati un miliardo e 500 milioni di dollari) e degli appoggi all’opposizione comunista della Democrazia Cristiana (DC), si schierò proprio con chi meno ci si aspetta: la mafia e l’estrema destra.
Tutte le storie iniziano in Sicilia
“La mafia” affermò l’agente della CIA Victor Marchetti, “per il suo carattere anticomunista è uno degli elementi che la CIA usa per controllare l’Italia”.
D’altronde il rapporto tra gli Alleati e la Mafia siciliana ha origine ancora durante la Seconda Guerra Mondiale. Verso la fine della guerra, più precisamente nel 1943, in USA si parla di quanto sia importante la missione in Sicilia, una missione che non può assolutamente fallire. Così gli Alleati decisero di muoversi in tempo, creando una fitta rete informativa a scopo esplorativo. Ma su chi potevano contare nella penisola? Gli antifascisti per eccellenza, i comunisti, erano di certo da escludersi. Chi altro era fortemente opposto al regime fascista e conosceva più di tutti il “carattere” dei siciliani e come muoversi sull’isola?
Sono ancora tanti i negazionisti, anche titolati, che si rifiutano di accettare la risposta a questa domanda: gli Stati Uniti cercarono e ottennero l’aiuto della mafia per sbarcare in Sicilia il 10 luglio 1943 e la ripagarono lautamente con prebende e importanti incarichi.[3] Insomma l’accordo in parole povere era questo: “Voi mafiosi, siccome conoscete il territorio e la lingua, ci date supporto, noi, quando ce ne andiamo, vi lasciamo l’amministrazione delle vostre terre.”
Già durante quegli anni Earl Brennan, capo dell’Office Strategic Service, il servizio segreto americano in Italia, aveva suggerito al ministero della Giustizia di ridurre la condanna di cinquant’anni di carcere inflitta al boss mafioso Lucky Luciano che, in cambio della sua liberazione, avrebbe fornito all’esercito americano un elenco di influenti nomi di mafiosi siciliani disponibili a sostenere lo sbarco dell’esercito americano nel 1943.
Ma dopo la guerra la complicità non finì e la CIA dichiarò che “fu lieta di mantenere rapporti segreti con la mafia siciliana” e in nome della lotta al comunismo, gli americani abbandonarono l'isola al dominio della criminalità mafiosa, che tutt’ora persiste.
Le elezioni del 1948
Ma passiamo al 1947 quando a Washington venne creata la Central Intelligence Agency, la CIA, e l’Italia, a causa “dei continui attacchi che subiva da parte di un forte partito comunista”, ebbe la sventura di diventare il primo paese al mondo obiettivo di una silenziosa, e mai dichiarata, guerra occulta da parte del servizio segreto americano. Il compito era chiaro: impedire alla sinistra italiana di vincere le elezioni del 18 aprile 1948, le prime elezioni nazionali dopo la guerra.
Gli USA erano molto preoccupati che si concretizzasse la possibilità che il governo finisse in mano al Fronte Democratico Popolare, la nuova coalizione di sinistra composta dal Partito Comunista di Togliatti e il più moderato Partito Socialista Italiano di Nenni.
Questo scenario avrebbe messo a repentaglio la solidità del blocco atlantico e l’egemonia statunitense, sostenuta invece dalla Democrazia Cristiana, ritenuto l'unico partito in grado di opporsi all'avanzata comunista, un partito che, secondo le dichiarazioni dello storico e giornalista William Blum, era infiltrato di collaborazionisti, ex monarchici e fascisti dell'ultima ora. Non tutti ovviamente lo erano, ma il fatto che la DC non realizzò mai una vera e propria pulizia ideologica, permise a molta della vecchia burocrazia fascista di sopravvivere nascosta all’interno del partito. Fu proprio in questo periodo che le operazioni segrete della CIA cominciarono a finanziare in modo confidenziale la DC con 10 milioni di dollari tramite il CIA covert aid (alcune fonti sembrano rivelare che i finanziamenti totali al partito durante tutta la Prima Repubblica ammontino a 60 milioni). In contemporanea iniziarono le campagne di delegittimazione contro comunisti e socialisti.
Durante queste elezioni, come rivelò successivamente Francesco Cossiga, una branca paramilitare della DC era pronta a intervenire, se avessero vinto i comunisti. Ma ciò non avvenne e così, per la felicità di Truman, la Democrazia Cristiana vinse con la percentuale del 48 per cento dei voti, contro il 32 per cento del Fronte Popolare.
La nascita ufficiale: il SIFAR
Truman si compiacque molto dei risultati vittoriosi ottenuti in Italia e decise di continuare a sostenere con entusiasmo le operazioni segrete.
Fu a quel punto consentito all’Italia di usufruire dei soldi del Piano Marshall e di aderire alla nascente NATO, in qualità di membro fondatore, il 4 aprile 1949. Solo pochi giorni prima era stato istituito, in stretta collaborazione con la CIA, il primo servizio segreto militare italiano del dopoguerra: il SIFAR (Servizio Informazioni Forze Armate), con alla guida il generale Giovanni Carlo Re. Già dagli inizi il SIFAR fu “regolato da un protocollo segreto imposto dagli Stati Uniti che comportava una reale e completa rinuncia alla sovranità italiana”. Anche i parlamentari italiani, quando parlarono di Gladio, non mancarono di sottolineare il predominio della CIA e misero a verbale che “Gladio nasce da un accordo tra due servizi segreti, uno indubbiamente molto importante, il servizio segreto americano, la CIA, e l’altro, quello italiano, il SIFAR, decisamente meno”[5]. Per evidenziare la mancanza di sovranità del servizio segreto italiano va evidenziato il fatto che, in quanto membri della struttura anticomunista della NATO, i rappresentanti del SIFAR partecipavano regolarmente agli incontri segreti dei centri di comando dell’Alleanza atlantica, dai quali prendevano ordini e direttive.
E così, presumibilmente nel 1951, nasce quell’esercito segreto americano pronto ad intervenire “nell’eventualità che i comunisti giungano al potere anche con mezzi legali e il governo italiano mostri di non sapersi opporre con forza alla minaccia comunista, sia esterna che interna. Perché gli USA devono essere pronti in tutti i modi a usare la propria forza politica, economica e se necessario anche militare, per fermare il Partito Comunista”[6].
I timori di Washington crebbero con i risultati elettorali del giugno 1953, nonostante l’appoggio della CIA, la DC ottenne solo il 40 per cento dei voti e perse 43 seggi parlamentari, mentre si rialzò la coalizione di sinistra. Si decise subito di nominare un capo del SIFAR più aggressivo: il generale Giovanni De Lorenzo. Una figura severa, che con i suoi baffi, il monocolo e i rigidi atteggiamenti militari decise di costruire un nuovo quartier generale per Gladio. Venne denominato Centro di Addestramento Guastatori e fu situato in Sardegna a Capo Marrargiu, vicino ad Alghero.
“Non sapevamo dove si trovasse il campo di addestramento perché vi eravamo stati trasportati a bordo di aerei con finestrini oscurati. Eravamo all’oscuro anche della cornice internazionale nella quale eravamo stati inseriti” testimonia il gladiatore Emilio Colle. Tutt’intorno vi erano mura e barriere elettriche di sicurezza. All’interno un piccolo porto, bunker sotterranei, apparati di radio trasmissione a lunga distanza, attrezzature subacquee, due piccole piste di atterraggio per aerei ed elicotteri.
De Lorenzo decise inoltre, con un documento del 26 novembre 1956, di siglare definitivamente l’accordo tra CIA e SIFAR.
William Colby era un funzionario della CIA “il mio lavoro, consisteva, in poche parole, nell’impedire che i comunisti vincessero le elezioni del 1958” continua “è comprensibile che il governo italiano non venga messo al corrente del piano, in quanto è chiaro che questo programma può interferire con le rispettive sovranità nazionali. Ma dopotutto il sostegno a partiti democratici contro la campagna sovversiva sostenuta dai sovietici, può sicuramente essere giudicato come un atto morale”.
Kennedy e l’attesa apertura
Le cose cambiano nel gennaio 1961. Il democratico John F. Kennedy diventò il nuovo presidente degli Stati Uniti e la politica nei confronti dell’Italia svoltò.
Kennedy, che simpatizzava per i socialisti italiani, in questo cambio di rotta dovette affrontare un’ostinata resistenza, sia da parte del dipartimento di Stato, che da parte della CIA. Di quest’ultima un componente, Vernon Walters, dichiarò che se Kennedy avesse permesso ai socialisti italiani di vincere le elezioni, gli americani avrebbero dovuto invadere il paese.
Ma il 1963 rappresenta un nuovo inizio nei rapporti tra le due superpotenze. Dopo la crisi dei missili di Cuba, gli Stati Uniti di John F. Kennedy e l'URSS di Nikita Chruscev firmano il 5 agosto il trattato che proibisce gli esperimenti atomici nell'atmosfera. È il primo (e decisivo) passo sulla strada del disgelo.
Ad aprile però l’incubo americano si materializza. La DC scende al 38 per cento, il peggior risultato ottenuto dalla sua creazione. Il PCI ebbe il 25 per cento che, insieme al 14 per cento del trionfante partito socialista, assicurava una vittoria significativa: per la prima volta nella storia della nostra Repubblica, infatti, le sinistre unite dominano il Parlamento.
I sostenitori della sinistra festeggiarono tra le strade e le piazze e il 5 dicembre 1963 si insediò il Governo Moro, il primo con la partecipazione diretta dei socialisti nell’esecutivo: l’apertura è compiuta, nasce il Centro-sinistra “organico”.
Il governo di Aldo Moro ottenne una visita a Roma proprio da Kennedy. Il suo arrivo fu accompagnato da applausi e bandiere. Dato che i socialisti avevano finalmente ottenuto incarichi ministeriali anche i comunisti chiesero una ricompensa e nell’ottobre del 1963 il sindacato dei lavoratori tenne una grande manifestazione a Roma. Fu a quel punto che i membri di Gladio, camuffati da civili e poliziotti attaccarono la dimostrazione facendo più di duecento feriti [7].
Ma il peggio per l’Italia doveva ancora arrivare, a novembre dello stesso anno infatti il presidente Kennedy venne assassinato, in circostanze a oggi ancora non chiare e quantomeno insolite, con molte domande che restano ancora irrisolte.
Storia di un Golpe di stato
Il “Piano Solo” predisposto dal generale De Lorenzo in stretto coordinamento con l’esperto della CIA per le guerre clandestine Vernon Walters corrispondeva ad un vero e proprio tentativo di colpo di stato. Secondo il piano i carabinieri, caricati di mordente per evitare qualsiasi tentennamento, avrebbero dovuto occupare gli uffici governativi, le sedi dei partiti di sinistra e i giornali ad essi più vicini. inoltre, forniti di liste con elencati centinaia di nomi comunisti e socialisti, avrebbero dovuto trovarli e arrestarli per poi deportarli in Sardegna al centro segreto di Gladio.
Così gli esponenti della DC e il presidente del Consiglio Aldo Moro, in allarme, s’incontrarono in segreto proprio con De Lorenzo, a Roma.
SI trattava di un colloquio decisamente insolito tra un primo ministro in mezzo ad una crisi politica e un generale che stava pianificando la sua sostituzione. L’incontro finì con la decisione dei socialisti di ridimensionare drasticamente il loro programma di riforme. Franco Ferraresi, esperto di neofascismo, lamenterà di come “il Piano Solo abbia avuto un’enorme responsabilità nell’ostacolare e annullare gli accordi della prima coalizione con la sinistra, forse l’unico tentativo di un governo riformista in tutto il periodo postbellico” [8].
Nel frattempo il capo della base della CIA a Roma, Thomas Karamessines, mise sotto stretta osservazione l’intera classe dirigente italiana. Raccolse migliaia di informazioni su relazioni extraconiugali, rapporti omosessuali e con prostitute. Questo permetteva alla CIA e al SIFAR di controllare la classe dirigente italiana e di minacciarla di denunciare quanto scoperto in ogni momento. Questo contribuì incredibilmente ad influenzare, negli anni successivi, politici, giornalisti e dirigenti.
“Le persone venivano spiate mediante foto scattate con teleobiettivi, sistemi per controllare la corrispondenza, documentazione fotografica delle loro abitudini sessuali”. Vi erano microfoni perfino in Vaticano e nelle stanze del Presidente del Consiglio.
Quando scoppiò lo scandalo De Lorenzo fu costretto ad ammettere che erano stati gli Stati Uniti e la NATO ad ordinargli di raccogliere quelle informazioni. Dopo lo scalpore il SIFAR fu costretto a cambiare il proprio nome in SID e furono sostituiti i generali. Ma secondo alcune fonti i 157.000 fascicoli segreti con i dati sensibili furono fotocopiati e consegnati a Licio Gelli, il capo della loggia massonica anticomunista chiamata “Propaganda Due”, ovvero la P2 .
Licio Gelli, che dopo la rivelazione della P2 dovette scappare in Sudamerica, affermò come Gladio e P2 cooperassero strettamente durante la Prima Repubblica. “Venivano selezionate persone di fede. Fede anticomunista. Se la sinistra fosse ulteriormente accresciuta in Italia, avremmo scatenato una guerra e l’America ci avrebbe generosamente forniti di armi dal cielo. Gli americani pagavano bene, l’equivalente di uno stipendio. E garantivano sostegno economico alle famiglie nel caso in cui il gladiatore venisse ucciso”. Gelli dichiarò anche come “il PCI nonostante l’enorme consenso in tutti questi anni non è mai arrivato a governare. Il merito di chi è? Gladio”.
Operazione “Tora Tora”
Si arriva così alle elezioni del 1968. La somma dei voti ottenuti dalla coalizione di sinistra supera quelli della DC. Nel frattempo le manifestazioni contro la guerra del Vietnam e gli USA riempiono le strade italiane. Junio Valerio Borghese, l’esponente fascista salvato dalla CIA, diede il via nella notte del 7 dicembre 1970 al secondo tentativo di colpo di Stato. L’operazione prese il nome di “Tora Tora” (dal nome dell’attacco giapponese alle navi americane nel porto di Pearl Harbor). L’operazione aveva gli stessi obiettivi del Piano Solo: l’arresto dei leader di sinistra e del sindacato. Secondo i piani della CIA e di Borghese, l’Italia si sarebbe svegliata la mattina dell’8 dicembre 1970 e avrebbe trovato un governo conservatore di destra insediato nella penisola .
Nell'oscurità della notte, un'unità paramilitare si introdusse nel Ministero dell'Interno, impadronendosi di 180 mitragliatrici che avrebbero dovuto essere consegnate ai compagni, in attesa nella palestra di via Eleniana a Roma, pronti per l'azione. Un'altra unità era invece pronta ad occupare il Ministero della Difesa. Stava per partire il colpo di Stato di destra.
Ma poi improvvisamente tutto fu bloccato. Poco prima dell'attacco, Borghese ricevette una misteriosa telefonata che arrestò di colpo il golpe. In Cile e in Grecia, i governi di destra si erano insediati proprio grazie a un colpo di Stato identico a quello che stava per avvenire a Roma, quindi perché in Italia tutto ciò fu fermato? Alcuni esponenti della mafia siciliana confessarono in tribunale che l'intelligence sovietica aveva saputo del progettato colpo di Stato e aveva riempito il Mediterraneo di navi russe. Secondo il direttore della CIA William Colby, fu proprio lo stesso Nixon a fare la misteriosa telefonata.
“Non avete la minima idea della grandezza e della serietà della cosa” [14] dichiarò un ricco uomo d’affari di destra strettamente legato al golpe.
Alla fine vennero incriminati 145 cospiratori dell’operazione “Tora Tora”, ma solo 78 furono processati. Di questi solo 46 furono condannati dal tribunale di Roma, ma, nel successivo appello furono assolti. E infine, da quello che risultò un imponente scandalo giudiziario, in qualche modo, tutti i golpisti furono scagionati.
L’affaire Moro
“Il nostro lungo incubo nazionale è terminato” dichiarò il vicepresidente Gerald Ford quando scoppiò lo scandalo Watergate e Nixon fu costretto a dimettersi l’8 agosto 1974. Anche in Italia si sperava in un nuovo inizio. Il democristiano ministro degli esteri Aldo Moro pertanto volò a Washington nel settembre 1974 per discutere finalmente l’entrata nel governo della sinistra. Si respirava aria di speranza e di un nuovo inizio.
Al suo ritorno da questa visita Aldo Moro torna profondamente deluso, si ammala per giorni e medita di ritirarsi completamente dalla politica. La moglie Eleonora disse che fu una delle poche volte che il marito le riferì con precisione cosa gli avevano detto: “Onorevole, lei deve smettere di perseguire il suo piano politico di portare tutte le forze del suo paese a collaborare direttamente. O lei smette di fare questa cosa o la pagherà cara”.
Alle elezioni del giugno 1976 i comunisti italiani con il 34,4 per cento raggiunsero il loro miglior risultato elettorale. Aldo Moro prese la sua decisione e la mattina del 16 marzo 1978 mise nella propria borsa i documenti relativi al “compromesso storico”, l’apertura politica verso il PCI, uscì di casa e ordinò all’autista e alle sue guardie del corpo di portarlo in Parlamento, dove avrebbe presentato il programma che prevedeva l’entrata nell’esecutivo dei comunisti, nonostante i molti suggerimenti contrari che aveva ricevuto. Quando l’automobile di Moro si avvicina all’incrocio di via Fani, una Fiat bianca le taglia la strada. L’autista frena bruscamente, gli uomini sulla macchina e altri due aprono il fuoco sulle cinque guardie del corpo di Moro, che muoiono sul colpo. Il primo ministro viene catturato dalle Brigate Rosse, il resto si conosce. 55 giorni dopo il corpo di Moro, trapassato dai proiettili, fu trovato nel baule di un'auto abbandonata nel centro di Roma, simbolicamente parcheggiata a metà strada tra la sede della DC e quella del PCI. L’Italia resta sotto shock.
La commissione parlamentare che indagava sulle stragi sospettava un coinvolgimento della CIA, ma i servizi segreti non fornirono documenti utili a chiarire i molti lati oscuri della vicenda. La commissione concluse che “le riflessioni sul caso Moro dovevano essere inserite in un contesto più ampio, l’assassinio altro non è stato che un progetto criminosi nel quale le Brigate Rosse sono state uno strumento di un più ampio disegno politico”. Alberto Franceschini, uno dei capi storici delle Brigate Rosse confermò nel 1993 come “oggi si può dire, senza andare a cercare nell’improbabile, che in qualche caso le Brigate Rosse furono indirizzate senza che i loro componenti ne fossero consapevoli.”
La storia tragica dell’Italia raggiunse il culmine quando, durante tutti gli anni settanta e ottanta, la destra seminò terrorismo, sangue e panico conducendo il paese sull’orlo di una guerra civile. Nel 1991, la commissione sulle stragi e il terrorismo ricevette un memorandum anonimo che suggeriva come la bomba fatta esplodere alla stazione di Bologna fosse la stessa di quelle provenienti dall’arsenale di Gladio. La stampa britannica titolò: “Il legame indicato per la strage di Bologna è potenzialmente la più seria delle accuse a Gladio.”
Il Silenzio della NATO e della CIA
Quando il membro della commissione parlamentare sulle stragi, il senatore Valter Bielli, dichiarò: “Sono convinto che l’intervento americano in Italia sia ora un fatto storicamente provato”, l’amministrazione Clinton fu colta da un certo imbarazzo e rifiutò di commentare. A Roma, invece, una fonte dichiarò: “In queste accuse che sono circolate in Italia negli ultimi vent’anni non c’è nulla di vero.”
Il senatore Bielli mantenne ferma la sua posizione e chiarì “hanno interferito per impedire che il Partito Comunista potesse giungere al potere con mezzi democratici, ma ora, in teoria, la minaccia comunista non esiste più e sarebbe appropriato che gli americani ci aiutassero a chiarire ciò che è successo in passato”. Ma se dopo la guerra, l’Unione Sovietica apriva i suoi archivi, quelli americani restavano ben chiusi. “Durante la Guerra Fredda l’Est era sotto dominio comunista, ma anche l’Ovest dovette diventare, in qualche modo, una colonia americana” continua Bielli.
Quando nel 1990 vi fu la rivelazioni di Gladio da parte del primo ministro Andreotti, la NATO temette per la propria immagine. Specialmente quando gli eserciti segreti stay-behind furono collegati a stragi, torture, colpi di stato e altre operazioni terroristiche in diversi paesi dell’Europa Occidentale. Dopo quasi un mese di silenzio, la NATO smentì categoricamente tutte le accuse di Andreotti circa un proprio coinvolgimento con Gladio.
Negli anni successivi furono costanti le accuse verso la NATO e le conseguenti difese. Ne è un esempio l’intervista all’ex segretario generale dell’Alleanza, Joseph Luns, in cui disse di essere stato all’oscuro da tutto ciò. Riconosceva, in ogni caso, di essere stato informato “occasionalmente” delle attività clandestine, sostenendo che fosse improbabile, ma possibile, che Gladio fosse stata organizzata alle sue spalle.[20] L’ammiraglio Stansfield Turner, direttore della CIA dal 1977 al 1981, rifiutò invece categoricamente di rispondere alle domande su Gladio e quando, per rispetto delle vittime delle stragi, i giornalisti insistettero, strappò via il microfono e urlò: “Avevo detto, niente domande su Gladio!”
Il giornalista americano Arthur Rowse, in un importante articolo su Gladio, sottolineò come “fintanto che l’opinione pubblica americana rimane ignara di questo capitolo oscuro nelle relazioni degli USA con l’estero, gli enti governativi che ne sono responsabili subiranno pressioni troppo deboli per correggere i loro comportamenti.”
Almeno per una volta
Nel 1982 Vincenzo Vinciguerra, neofascista appartenente a ordine nuovo e determinato a rendere pubblici i rapporti tra l'estrema destra e gli apparati dello Stato, si assume la responsabilità della strage di Peteano. Quando il giudice che riaprì il caso, Felice Casson, fu intervistato anni più tardi dichiarò: “Volevo solo che una nuova luce potesse rischiarare quegli anni di buio e mistero, volevo che l’Italia potesse, almeno per una volta, conoscere la verità”.
Ma insomma come sempre, in Italia, tutto è offuscato dal silenzio e dal segreto. Segrete sono le strategie politiche, segrete sono le organizzazioni criminali. Segreta è la vera storia del Paese. Segreta è la stessa realtà. E come disse Hans Enzensberger: “La massa dei dominati è senza segreti: non ha cioè nessun diritto di partecipare al potere, di criticarlo e di sorvegliarlo".
Però gli italiani sono un popolo di colpevolmente incoscienti, si sa che sono maestri nelle arti, specialmente in quella dell’indifferenza. E anche quando le cose escono allo scoperto, sono essi stessi a lasciarle andare, parlandone prima in televisione, per poi dimenticare e infine ricacciare il tutto nel silenzio.
Ma essere informati di questi avvenimenti, significa prendere coscienza della nostra storia recente e, forse, non del tutto conclusa.
Questa strategia americana era sì, forse, frutto di una “oculata precauzione” contro un nemico sovietico. Precauzione anche comprensibile in uno scenario di guerra mondiale come quello della guerra fredda. E forse è vero che non intendesse sfociare successivamente in una fonte di terrorismo. Ma ai morti, ai feriti e agli orfani importa veramente che le loro uccisioni siano state realizzate in nome di un’idea di libertà e democrazia piuttosto che per una di schiavitù?
La volontà strategica di proteggere la NATO dall’interno portò allo schiacciamento della sovranità degli stati europei e “all’umiliazione e al maltrattamento delle istituzioni democratiche”, come mise in luce la stampa europea.
Tutto ciò non può essere dimenticato con leggerezza. L’oculata precauzione aveva sicuramente il suo valore, ma il terrorismo, le stragi e le morti dei civili sono un prezzo troppo alto da pagare.
Viola Andreolli
Bibliography
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Nel libro sopracitato Faenza documenta le ingerenze americane e inglesi nel Paese attraverso i documenti del dipartimento di stato americano.
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